mercoledì 28 maggio 2014

Aggiornamento di maggio 2014

MERCOLEDI 7 MAGGIO 2014

Nella storia della letteratura  il romanzo “la coscienza di Zeno” viene considerato il più rappresentativo della tendenza novecentesca dei romanzi d’analisi, ha segnato un autentico superamento narrativo, morale, psicologico, perché apre  la storia del romanzo moderno.
Pubblicato nel 1923, ispirato alla psicanalisi di Freud, non è uno di quei libri che si leggono d’un fiato, ma, con il suo ritmo lento ravvivato talvolta da un’ironia sotterranea coinvolge il lettore che sappia essere non frettoloso e abbia voglia di immergersi in un mondo molto lontano dal presente per quanto riguarda le consuetudini o gli aspetti esteriori eppure così moderno nei suoi risvolti psicologici, una modernità che raggiunge il punto più alto nelle ultime due, meravigliose pagine in cui Zeno, di fronte al contrasto tra le miserie della guerra e le proprie personali fortune, si lascia andare a parole di devastante e profetico pessimismo. Si tratta di una conclusione che varrebbe da sola il tempo passato a leggere un libro in cui la riflessione e l’introspezione psicologica sono del tutto predominanti mentre gli avvenimenti, tutti di normale vita quotidiana,  impiegano pagine per dispiegarsi, regalando al romanzo un ritmo quasi ipnotico accentuato dalla scarsa presenza dei dialoghi che, anzi, vengono spesso narrati dal protagonista evitando l’uso del discorso diretto.
La storia è abbastanza semplice anche se si percepisce dal principio la dissoluzione sistematica del personaggio; ma non per questo è un romanzo frammentario. È vero che manca di una trama unitaria ed organica, infatti  è suddiviso in varie parti staccate tra loro.  Eppure è un romanzo unitario, perché dalla prima all'ultima parola è un'introspezione fondata sulla consapevolezza delle ragioni vere della nostra esistenza.
Nel romanzo spicca la condanna della società  che ha alienato l'uomo con la produzione tecnica e scientifica, con l'industrializzazione e con le mistificazioni; in questo senso Svevo è demistificatore degli inganni della società borghese d'inizio Novecento senza però giungere a conclusioni ed alternative sul piano storico-sociale.
È al contempo romanzo ironico perchè nella descrizione dell'uomo mediocre e malato che accetta la precarietà della vita, riesce a tollerarla con saggezza e così, trova nell'ironia l'unica sua salvezza possibile.

Commenti e riflessioni di Lucio componente de gdl

Il prossimo appuntamento è per mercoledì 4 giugno con il romanzo di Magda Szabò “La Porta”