lunedì 16 febbraio 2015

Aggiornamento di dicembre 2014

OCCHI DI TEMPESTA – Joyce Caroll Oates

In occhi di tempesta, JCO  affronta il tema narrativo dell’adolescenza : protagonista del racconto è la quindicenne Francesca (Franky) , che assiste al progressivo deteriorarsi dei rapporti tra i genitori.  Francesca adora suo padre, l’affascinante, famosissimo commentatore sportivo Reid Pierson, e sceglierà di stare dalla sua parte nel braccio di ferro che lo vede contrapposto alla moglie Krista. A un certo punto, però, Krista scompare.  E Franky “Occhi di tempesta” capirà cosa è meglio fare…
JCO  in questo romanzo, riesce perfettamente a instillare un disagio profondo nel lettore: la narrazione è carica di un sottile, gelido senso di minaccia incombente. Man mano che gli avvenimenti si susseguono la smagliante facciata della famiglia Pierson si sgretola e ne emerge una storia di ossessione familiare, di violenza domestica: dietro il favoloso sogno americano fatto di ville d’autore e ricevimenti si avverte il grande bluff dell’american way of life, dove anche un beniamino del pubblico sportivo può venir stritolato dal feroce meccanismo dei media che trasformano la tragedia in spettacolo.

La prosa della Oates è minimalista, riesce a rendere il mondo delle emozioni e dei sentimenti che i suoi protagonisti vivono senza cadere nelle trappole della banalità e del sentimentalismo. Il delitto in sé è un fatto quasi marginale: perché quello che in realtà interessa alla scrittrice è il meccanismo della crudeltà e le conseguenze che questa genera, e la crudeltà si avverte non come la deflagrazione di un colpo di pistola ma piuttosto come una sottile lama gelida di disagio che turba il lettore e nello stesso tempo ne rimane affascinato
Un capolavoro da una grande scrittrice  del nostro tempo, un romanzo sulla forza dirompente dell’adolescenza, una cronaca familiare che mette in evidenza i difetti della società americana.
Il prossimo appuntamento è per il 24 febbraio con il romanzo di Tolstoj “La sonata a Kreutzer”

Commento di Lucia Moraschini componente gdl

Aggiornamento di novembre 2014

Espiazione – Ian  McEwan

Un libro scritto magistralmente, un romanzo-saggio o saggio-romanzo sulla funzione dell’arte e, nello specifico, della letteratura nella società contemporanea: un’idea geniale quella di far vedere allo spettatore la scena da diverse angolazioni, : riesce a far calare il lettore ancor di più dentro il libro.
Un romanzo  ben dettagliato non solo nelle descrizioni fisiche ma anche in quelle psico-spirituali.
L’ultimo capitolo del romanzo sconvolge e rielabora il senso dello stesso, in quanto da una descrizione impersonale affidata alla terza persona, in assenza di un narratore-personaggio, si passa ad una narrazione in prima persona: è la protagonista principale  Briony, divenuta scrittrice di successo, ormai giunta alla fine della sua vita, che racconta il suo ritorno alla vecchia casa di campagna, trasformata in albergo, per festeggiare con la sua famiglia, il suo settantottesimo compleanno.
Due sono i punti significativi  di quest’ultimo capitolo. Il primo riguarda l’affermazione di Briony di avere più volte cambiato la versione della sorte della sorella Cecilia e del fidanzato  Robbie. Nell’ultima stesura li ha voluti insieme riuniti e felici, mentre precedentemente aveva scelto una fine più tragica. In questo Briony, come artista, rivendica a sé il diritto, quasi divino, di poter decidere della vita e della morte dei suoi personaggi.
Il secondo riguarda la decisione di concludere la storia là dove era cominciata, nello stesso luogo, secondo una tradizione che spesso il romanzo inglese ha rispettato. Come a chiudere un cerchio. Del resto il cerchio è la figura perfetta.

Aggiornamento di ottobre 2014

Il villaggio di Stepancikovo – F. Dostoevskij

Leggendo questo libro il lettore ha la costante sensazione, come Sergej Aleksandrovic, la voce narrante, di esser finito in un manicomio. A Stepancikovo tutto va, infatti, al rovescio di come dovrebbe, tanto che a far da padrone di casa è un buffone e non il padrone stesso, ma anche il resto degli abitanti non scherza in quanto a stravaganze. Una zitella sventata, un paio di improbabili corteggiatori, un servo alla disperata ricerca di un cognome accettabile, una vecchia il cui merito più grande è quello di essere una generalessa ed un cerchio di dame la cui unica funzione è quella di essere inopportune, questi sono una parte degli strampalati abitanti di questa casa. Ma su tutti dominano due figure antitetiche: il padrone di casa Egor Il’ic Rostanev, il cui unico grosso difetto è quello di essere troppo buono, al punto di sentirsi sempre in colpa per qualcosa, e responsabile per gli sbagli altrui; e Foma Fomic, il buffone, l’uomo borioso, che senza alcun merito o qualità inaspettatamente riesce a tenere in soggezione tutti.
L’intento di Dostoevskij è quello di rappresentare alcuni “caratteri” russi, mettendone in evidenza i pregi, difetti e le bassezze, ma a differenza di altri autori per far questo non usa i caratteri pungenti della satira, quanto piuttosto quelli leggeri ed esilaranti della commedia, per cui il lettore invece di abbandonarsi a dei sorrisi agro-dolci si abbandona a delle risate piene. Credo che nessun romanzo m’abbia mai fatto odiare un personaggio come “il villaggio” è riuscito a fare con Foma Fomic. La maestria di Dostoevsky è evidente … il finale non mi è piaciuto.

Commento di Lucia Morasachini componente gdl